Più parlo e più ascolto e più mi rendo conto che siamo molti di più di quello che pensiamo. E penso che sia giunto il momento di riunirci per fare qualcosa. Siamo tutti stufi di vivere in un mondo dove viviamo tutti in isolamento, dove sporadicamente condividiamo con amici e conoscenti dei momenti di convivialità e poi torniamo tutti alle nostre vite. Chi ha la fortuna di avere qualcosa e il suo posto nel mondo, sta bene o almeno lo crede. Gli altri tornano alla solitudine e a volte alla sofferenza, e sentendo la loro vedono quella di chi gli sta attorno.
Vediamo un mondo dove chi non corre viene lasciato indietro, dove dei ritmi di vita disumani vengono considerati normali, dove il consumismo fine a se stesso, di beni e intrattenimento, viene usato per colmare un vuoto che sta nel profondo. Abbiamo bisogno di un significato, di tornare a vivere per qualcosa che ne valga la pena, o tutto quello che possiamo immaginare sembrerà inutile davanti al futuro che ci si prospetta.
Sentiamo che c’è qualcosa che non va, anche se non riusciamo a dargli un nome, anche se magari non riusciamo a spiegarlo. Si tratta di comprendere che l’essere umano non è fatto per vivere nel mondo che abbiamo creato, che tutte le sovrastrutture sociali che abbiamo messo in piedi per gestire le nostre vite, non esistono se non nelle nostre teste e necessitano di essere cambiate. Siamo noi a tenerle in piedi, con il nostro consenso silenzioso.
Le emozioni che sentiamo, il malessere che viviamo, è frutto di un’elaborazione subconscia della realtà in cui ci troviamo a vivere e spesso non abbiamo gli strumenti per razionalizzare la fonte di questo malessere. Ci sentiamo intrappolati e non capiamo perché non riusciamo ad adattarci. La verità è che questo malessere è giusto e non siamo noi a doverci adattare.
Dobbiamo iniziare a realizzare che è il mondo che va adattato all’essere umano. La società, con tutte le sue regole ed i suoi canoni, insieme a tutti i costrutti che abbiamo interiorizzato vivendo seguendo questi binari, vanno decostruiti e trasformati. Siamo esseri umani cazzo! Abbiamo un valore e nessun altro essere umano ha il diritto di metterci i piedi in testa, servendosi di leggi ed istituzioni.
Tutti abbiamo il diritto di vivere e non solo di sopravvivere. Tutti abbiamo il diritto di poter essere felici. Abbiamo bisogno di tornare a vivere la vita insieme a chi ci sta accanto, di smettere di dare un valore ad essa solo in funzione della posizione che ricopriamo all’interno della società, delle cose che abbiamo, delle cose che sappiamo fare o dei risultati che siamo riusciti a raggiungere. Abbiamo bisogno di qualcosa di più dei sogni individuali.
Non si può essere felici in un mondo dove chi ci sta accanto soffre. Abbiamo bisogno di tornare a fare le cose insieme, abbiamo bisogno di tornare a giocare la vita, nel senso più profondo. Per fare questo dobbiamo ritornare alle basi, dobbiamo tornare a parlare, a parlare veramente, di ciò che sentiamo, di quello che pensiamo. Abbiamo bisogno di un luogo di aggregazione, dove poterci incontrare, dove poter trovare chi come noi, vive lo stesso malessere. Un posto dove poter fare le cose insieme, dove poter suonare, dove poter ballare, dove costruire o programmare, dove vivere la comunità, dove condividere passioni e conoscenza, dove organizzarci per perseguire degli obiettivi comuni, dove tornare ad avere la capacità di immaginare un mondo differente. Abbiamo bisogno di un luogo dove poterci esprimere in collettività, in termini sia pratici che teorici.
E’ da un po’ che mi trovo a ragionare su questi concetti e dopo anni, ho capito che è necessario tornare a riconoscerci l’un l’altro come parte di un qualcosa e coalizzarci, se vogliamo trasformare quello che ci troviamo a vivere. Chi ha il potere lo detiene perché noi gli consentiamo di averlo, perché decidiamo di non agire, per paura di essere i soli a farlo o per paura di essere visti come pazzi. Ciò succede perché non abbiamo tempo, e in continuazione ci troviamo impegnati e stimolati ad occuparci di cose la cui necessità o importanza è costruita artificialemente sulle idee che per tutta la vita ci hanno propinato.
Tutti dobbiamo mangiare, bere, dormire, avere un tetto sopra la testa e poter avere accesso ai servizi fondamentali. La società stessa è nata per poter collaborare per soddisfare i nostri bisogni comuni ed è poi degenerata in un mezzo di controllo, attraverso cui pochi individui gravemente malati, hanno preso il sopravvento sugli altri. Qual è il senso di una società che lascia indietro gli ultimi, che smette di prendersi cura dei suoi elementi fondanti? Qual è il senso di una società che non ha più come obiettivo il benessere collettivo, ma il profitto economico di pochi?
Il denaro è un mezzo, che è stato trasformato in un fine. Tutti lo inseguiamo, senza renderci conto che quello che vogliamo veramente non è il denaro, ma quello che esso può rappresentare: una vita dove i bisogni sono soddisfatti, senza doversi ammazzare di lavoro. Una vita felice può essere raggiunta in modo collettivo, ed è in questo modo più vera, perché anche chi ci sta accanto può stare bene. Non dobbiamo cadere nell’inganno della carota, la carota non esiste e se esiste sa di merda.
Nel corso della storia l’umanità è progredita perché alcune persone hanno deciso di non rimanere ferme, di non accettare. E tu? Vuoi rimanere fermo e aspettare che siano gli altri a cambiare le cose o vuoi agire? Vuoi essere un 1 o uno 0? Se sei arrivato fino a qui probabilmente le mie parole hanno risuonato con qualcosa che porti dentro. Non è necessario dilungarsi, chi sente quello che sento ha già capito cosa sto cercando di comunicare. Non mi aspetto che in molti recepiscano, ma non dobbiamo essere tutti, dobbiamo solo essere abbastanza, e abbastanza è meno di quello che pensiamo.
L’energia di una lampadina può illuminare la stanza, ma se indirizzata come un laser può dargli fuoco.
S.O.